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Appunti per una ecologia della letteratura

Posted by admin on February 5, 2014

Di Serenella Iovino

Ecologia si dice in molti modi. Per il suo fondatore, il naturalista tedesco Ernst Heinrich Haeckel, essa era «la scienza comprensiva delle relazioni tra l’organismo e il suo ambiente» (Haeckel 1866, p. 236). Ma nel tempo le idee, come gli organismi, si evolvono, moltiplicandosi e differenziandosi. Oggi non solo si parla di “ecologie” al plurale, ma l’ecologia, questa «scienza delle relazioni», è diventata essa stessa un paradigma: il modello di un pensiero basato sull’interconnessione tra i fenomeni in e con un ambiente. Tali fenomeni possono essere organismi viventi ma anche, appunto, idee, culture, forme dell’immaginario. E l’ambiente può essere naturale, ma anche sociale.

Gregory Bateson, epistemologo inglese, definisce «ecologia della mente» il processo di azioni reciproche che avviene tra le idee, e più in generale tra natura e cultura, tra idee e ambiente. Alla radice dell’ecologia della mente, dice Bateson, «vi è la nozione che le idee sono interdipendenti, interagiscono, che le idee vivono e muoiono. […] È una sorta di intrico complicato, vivo, che lotta e che collabora, simile a quello che si trova nei boschi di montagna, composto dagli alberi, dalle varie piante e dagli animali che vivono lì, un’ecologia, appunto» (Bateson 1997, pp. 399-400).

Questa premessa è utile per comprendere il presupposto teorico fondamentale dell’ecocritica, e cioè la visione di una permeabilità tra ambiente e cultura. Detto altrimenti, l’ecocritica, come metodo interpretativo, presuppone un’ecologia letteraria che è, a sua volta, una forma di ecologia della mente. Secondo l’ecologia letteraria testo e mondo sono ecologicamente interdipendenti. Tra essi si crea, cioè, un rapporto di azione e retroazione che investe più livelli: l’azione del  mondo sul testo e, ancor di più, la possibile azione del testo sul mondo. Tra ambiente e cultura esiste una relazione che non è solo di contiguità, ma di reciproca influenza; e le opere letterarie possono avere la funzione di evocare i valori legati a questa reciprocità. Ciò implica un’idea di letteratura funzionale a un preciso intento educativo: se letti e interpretati in maniera “ecologicamente consapevole”, i testi letterari sono infatti un potenziale strumento di educazione etico-ambientale, in grado di “orientare” le interazioni tra esseri umani e ambiente.

Ma come nasce questo discorso? Nel 1972 uno studioso americano, Joseph Meeker, fa un’interessante riflessione:

Gli esseri umani sono le uniche creature letterarie della terra [...]. Se la creazione della letteratura è un’importante caratteristica della specie umana, allora bisognerebbe esaminarla con attenzione e onestà per scoprire la sua influenza sul comportamento umano e sull’ambiente naturale, per determinare quale ruolo, se ne ha uno, essa gioca nel benessere e nella sopravvivenza del genere umano […].Vista nell’ottica impietosa dell’evoluzione e della selezione naturale, la letteratura contribuisce più alla nostra sopravvivenza o alla nostra estinzione? (Meeker 1972, pp. 3-4)

Come l’intelligenza e il linguaggio, anche la letteratura è frutto dell’evoluzione della nostra specie. Riprendendo Darwin, Meeker afferma anzi che linguaggio e letteratura scaturiscono da un istinto umano analogo, per esempio, all’istinto comunicativo-musicale del canto degli uccelli. Secondo lui, tuttavia, la letteratura, da sola e in generale, non ha particolari virtù per la nostra sopravvivenza. Ci sono però generi letterari evolutivamente più vincenti di altri. La commedia per esempio è una strategia più vantaggiosa rispetto alla tragedia. Laddove la tragedia si fonda sul conflitto e la catastrofe, la commedia si basa su un modello più conciliatorio, che prevede orizzontalità, adattamento, co-evolutività. A ciò Meeker perviene sviluppando un’etica del gioco che combina insieme Darwin, etologia (studiò con Konrad Lorenz), ecologia umana e (implicitamente) Friedrich Schiller che, nelle Lettere sull’educazione estetica (1795), sostiene che l’essere umano è veramente se stesso solo quando gioca: nel gioco infatti si conciliano le due tendenze apparentemente opposte di legge e libertà.

La play ethic è un’etica fondata sulla collaborazione intra- e interspecifica. La sorregge la distinzione tra «gioco finito» (basato sulle regole, sulla competizione e finalizzato a un premio) e «gioco infinito» (in cui le regole sono fluide e mutevoli, la competizione assente, e il gioco fine a se stesso). Le differenze “ecologiche” tra commedia e tragedia possono allora essere schematizzare così:

 

COMMEDIA TRAGEDIA
Comportamento ecologico: Collaborazione Comportamento antiecologico: Competizione
Senso di unità intra- e interspecifica, circolarità Separatezza tra le forme di vita, linearità
Il personaggio si adatta al mondo e si modifica in esso e con esso Il personaggio si scontra col mondo, fino alla catastrofe finale di uno dei due o di entrambi
Sistema di valori aperto e inclusivo Sistema di valori rigido e autoreferenziale
Picaro Eroe tragico
Romanzo picaresco: carambole e ricongiungimenti di umanità e ambiente Arcadia: pathos della frattura tra umanità e ambiente
Visione orizzontale e democratica Visione elitaria e gerarchica

 

Quest’interpretazione dei generi letterari mette in luce due punti decisivi: in primo luogo, la necessità di sollecitare comportamenti creativi non competitivi ma collaborativi tra umanità e ambiente, tra umano e non umano; in secondo luogo, la possibilità di dare alle implicazioni etiche di questi comportamenti una forma narrativa, ricorrendo proprio alla valenza pedagogica della letteratura. Nel più ampio discorso etico-culturale, questo ci mostra quanto modelli educativi basati sull’orizzontalità tra le forme di vita, sulla collaborazione, sull’interdipendenza (in termini ambientali, come sociali), siano in realtà preferibili a modelli basati sul dualismo e sulla competizione. Ci invita, in altre parole, a superare la prospettiva antropocentrico-strumentalistica, secondo cui l’essere umano (specialmente nelle società occidentali) è nucleo di interesse e di valore, mentre la natura e le altre forme di vita sono semplici mezzi per il suo benessere.

L’idea che guida un’ecologia della mente, e quindi della letteratura, è che rinnovare i modelli educativi possa aiutare l’individuo umano a ricostituire quell’osmosi tra natura e cultura che non è identità, ma un sistema evolutivo di relazioni complesse. Perché per l’essere umano, come ci suggerisce Bateson stesso, e con lui pensatori come Ronald Laing, Paul Shepard, Edgar Morin, Erich Fromm, perdere la percezione della complessità significa perdere il mondo, diventare alieno a se stesso e a ciò che lo circonda. Per evitare forme di alienazione sempre più radicali, l’individuo deve quindi reimparare a rapportarsi al mondo secondo una visione non utilitaristica, ma libera. Deve reimparare a giocare con il mondo. Una letteratura che ci consenta di giocare con il mondo è insieme uno strumento pedagogico e una strategia evolutiva.

TRATTO DAL NUMERO 6 DI NEMETON 

 

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Tags: letteratura, myth

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