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I paesaggi sonori degli uccelli

Posted by admin on March 1, 2011

schermata-2011-03-01-a-200103di Almo Farina, Rachele Malavasi, Nadia Pieretti
Dipartimento di Matematica, Fisica ed Informatica, Università di Urbino

Premessa

Sappiamo che il paesaggio è la componente percepita dagli organismi che emerge della sovrapposizione di una molteplicità di processi abiotici e biotici che insistono in uno specifico dominio spazio-temporale. È quindi una agenzia a disposizione della percezione e si compone di materia organizzata (i mosaici ambientali), energia strutturata (per esempio i paesaggi sonori), informazione (regolarità delle forme) e significato (interpretazione e identificazione dei segni).

La soggettività percettiva che ogni specie possiede deve essere estesa anche agli individui di quella specie e in tal modo avremo una serie di paesaggi quante sono le specie presenti e gli individui.

Ma la percezione dell’intorno che ogni organismo ottiene è il risultato di più complessi processi cognitivi che hanno alla base la ricerca delle risorse necessarie al mantenimento della propria autopoiesi.

Da elemento geografico, a mosaico vegetazionale, a sistema antropizzato il paesaggio in una nuova formulazione diventa l’intorno percepito di ogni essere vivente e in particolare nell’uomo diventa anche intorno comune quando vengono utilizzati modelli culturali condivisi.

Quindi non più area vasta erroneamente considerata sistema di eco-sistemi ma area delimitata dalle capacità percettive specie-specifiche degli organismi. A dire il vero, definire il paesaggio come sistema di ecosistemi appare quanto meno stravagante in quanto per sua definizione un ecosistema è l’insieme di flussi di energia e materia, e questo fondamentale paradigma dell’ecologia per sua stessa definizione non tiene in alcun conto la dimensione spaziale.

La percezione diventa quindi il motore fondamentale utilizzato nella ricerca di specifiche risorse. Quest’azione continua trova la sua motivazione nella necessità, per ogni organismo, di intercettare le risorse, siano esse materiali o immateriali indispensabili a garantirne l’autopoiesi, cioè il proprio auto-mantenimento e auto-riparazione, azioni indipendenti da “indicazioni” e “progetti” esterni all’organismo.

Questa visione del paesaggio, basata su una visione “auto-ecologica” cioè “individual-based”, ne stravolge apparentemente la sua stessa storia epistemologica e mette in discussione sia l’approccio geografico che quello ecologico.

In realtà un ambiente diventa tale nel momento in cui una specie lo riconosce favorevole o ostile; l’ambiente diventa quindi un elemento di soggettività “evolutiva” e non più semplicemente una comune piattaforma su cui la vita si stabilisce e prolifera.

Questa visione, se da un lato pone in discussione il cammino epistemologico di molte discipline, dall’altro apre una “gran vista” sul valore dell’intorno percepito, trovando inaspettati spazi di applicazione nella gestione ambientale.

I paesaggi sonori: definizione

I suoni sono costituiti da energia strutturata, risultato di un’applicazione di forze compressive intenzionali o casuali al mezzo aereo da parte di corpi elastici in vibrazione su differenti range frequenziali a diverso grado di intensità acustica, grandezza quest’ultima definita come il rapporto tra la potenza di un’onda sonora e l’area della superficie che da essa viene attraversata. L’uomo percepisce i suoni come rumori quando non riesce a distinguerli per la loro sovrapposizione temporale e frequenziale. Per esempio in un bar affollato musica e voci si sovrappongono creando dei paesaggi sonori a bassa fedeltà, chiamati in inglese Lo-Fi. Per contro i suoni di una foresta all’alba possono essere distinti e identificati almeno da un orecchio esperto e questo intorno sonoro viene definito ad alta fedeltà (Hi-Fi).

I paesaggi sonori vengono definiti come l’insieme delle proprietà acustiche specifiche possedute da un paesaggio, cioè da una porzione di territorio in vario modo definito.

I paesaggi sonori sono quindi il risultato dei suoni emessi da sorgenti diverse siano esse di natura fisica, biologica o antropica. Compongono un paesaggio sonoro: geofonie (vento, acque correnti, pioggia, terremoti, vulcani), biofonie (canti, suoni vocalizzazioni di animali), antrofonie (voce umana, suoni di artefatti umani (macchine, treni, aerei, etc.)).

Il paesaggio cognitivo e la teoria degli eco-field

Ogni ambiente è caratterizzato oltre che dalla differente conformazione fisica e vegetazionale anche da uno specifico paesaggio sonoro che si sovrappone e ne fa aumentare la complessità totale.

Il paesaggio sonoro è quindi un elemento che aiuta a identificare un luogo e ad aumentarne o a diminuirne la qualità. Sappiamo per esempio che i luoghi troppo rumorosi producono cambiamenti nel comportamento di molti animali, uomo compreso e spesso vengono evitati. Ma a questa funzione diremo passiva del paesaggio sonoro che viene “subito” dagli animali, se ne contrappone una attiva dove il paesaggio sonoro viene considerato un importante mezzo di comunicazione. Il paesaggio sonoro diventa un sistema da cui gli organismi animali estraggono importanti informazioni, e diventa quindi una delle possibili interfacce semiotiche portatrici di significato, svolgendo il ruolo di uno o più eco-field. Intendiamo per eco-field ogni configurazione spaziale portatrice di significato utilizzata da un animale per individuare una specifica risorsa.

In particolare gli uccelli utilizzano estesamente le manifestazioni sonore come mezzo di comunicazione avendo addirittura un organo specifico, la siringe, una laringe modificata, che consente loro di emettere una grande varietà di canti, richiami e vocalizzazioni.

Gli uccelli canori, cioè gli uccelli che hanno la laringe molto sviluppata, sono i maggiori produttori di suoni della natura. Ma anche insetti, anfibi, mammiferi e pesci emettono suoni, richiami e vocalizzazioni.

In particolare, studiare le manifestazioni sonore degli uccelli consente di esplorare un importante tratto adattativo di questi animali e per questo la bioacustica annovera un gran numero di studiosi. Ma lo studio del paesaggio sonoro degli animali e in particolare degli uccelli deve essere considerato un aspetto differente dallo studio delle sole manifestazioni sonore. Infatti lo studio del paesaggio sonoro cerca di mettere in evidenza il ruolo comunicativo non di una singola specie ma di intere comunità e si occupa come vedremo più avanti dei rapporti tra suoni ed ambiente.

I meccanismi ecologici nei paesaggi sonori degli uccelli

Abbiamo crescenti evidenze che negli uccelli che emettono suoni soprattutto durante il periodo riproduttivo, sia il maschio in genere a produrre i suoni più complessi (canti) con la molteplice funzione di delimitare il proprio territorio, di attrarre le femmine e di allontanare gli intrusi. Ma altre funzioni potrebbero essere alla base del grande dispendio di energia impiegata per emettere suoni strutturati e complessi quali i canti, i richiami e gli allarmi. Infatti è stato verificato anche sperimentalmente che per un uccello che canta il dispendio di energia muscolare risulta notevole. Se ammettiamo la funzione adattativa del canto dovremmo aspettarci quindi altrettanti vantaggi per un individuo che canti forte e a lungo. Per questo riteniamo che il canto negli uccelli assolva anche ad altre funzioni oltre che a quelle territoriali e di attrazione per le femmine. In particolare riteniamo che il canto serva a individuare territori disponibili/occupati, abbondanza/scarsità di risorse alimentari, aree sicure/insicure, identificare specie competitrici, etc. Il modello della comunicazione canora si basa quindi su interazioni continue tra individui che emettono attivamente suoni e che alternativamente si interrompono per “ascoltare” ed esplorare il loro intorno acustico. In questo modo si verrebbe a creare una rete di interazioni semiotiche molto strutturate e altamente informative.

Attraversando un bosco o una prateria i canti degli uccelli non sono distribuiti in maniera uniforme ma vengono spesso percepiti aggregati gli uni agli altri. In altre parole dove sentiamo cantare una specie, altre si accompagnano in uno spazio abbastanza definibile. Questo fenomeno apparentemente bizzarro trova una prima spiegazione nella scelta degli ambienti favorevoli, scelta basata sulla disponibilità di risorse. Anche specie differenti finiscono per aggregarsi e probabilmente trovano risorse comuni, fatta salva la competizione inter-specifica.

A questo punto potremmo introdurre il concetto di “soundtope”, come di area geografica caratterizzata da una specifica aggregazione di manifestazioni acustiche prodotte da una comunità di uccelli. Pensare che la localizzazione di distinti “soundtope” coincida con aree a importante disponibilità di risorse ci aiuta a comprendere la distribuzione eterogenea dei popolamenti animali e getta nuova luce sulle dinamiche source-sink.

Metodi per lo studio dei paesaggi sonori

Studiare i paesaggi sonori significa prima di tutto registrarli su un supporto magnetico. Per questo oggi esistono sul mercato registratori relativamente economici ma di buona qualità. La registrazione digitale permette di immagazzinare il tempo e l’intensità (o potenza) dei suoni che entrano in un microfono e successivamente ripartirli su bande di frequenza. L’uomo può percepire suoni entro un range di frequenze tra 20Hz a 20kHz. Molti registratori digitali di suoni campionano su canali mono o stereo a 44.1 kHz con una accuratezza di 16-bit. Attraverso la trasformata di Fourier, che consiste in un complesso procedimento matematico, viene successivamente prodotto uno spettrogramma (o sonogramma) che è una rappresentazione del suono nell’asse temporale (x), nell’asse delle frequenze (y) e nell’asse dell’energia implicata (z). Quest’ultimo parametro viene rappresentato da pixels a tonalità differenti (vds. Fig. 1).

La trasformazione del suono in una matrice numerica attraverso la trasformata di Fourier rappresenta la base per ulteriori elaborazioni statistiche dalle quali per esempio si può ricavare l’abbondanza relativa delle frequenze, il calcolo dell’entropia attraverso l’indice di Shannon, la valutazione della complessità intrinseca del sonogramma attraverso un indice di complessità acustica (BACI: Bird Acoustic Complexity), e l’analisi della eterogeneità di un sonogramma attraverso la distanza di Levenshtein o edit distance applicata successivamente all’indice di complessità acustica.

Molte altre analisi sono possibili e altrettanti software vengono oggi offerti per l’analisi comparata dei suoni (p.e. Avisoft, SongScope, Raven, Wave Surfer, etc.).

Continua nel numero 4 di Nemeton

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Tags: paesaggio sonoro, scienza, soundscape

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