Trattare le cose come se avessero un’anima, e quindi bisognose riguardo, di cura e di buone maniere, questo è il compito. E l’acqua, bene universale, comune, vitale, quale attenzione, amore, cura richiede? Considerandola una merce è condizione che le toglie, appunto, l’anima, il valore, la forza mitica che ha e deve continuare ad avere. Anche se non pensiamo all’anima dell’acqua, al fatto che possa esistere un che di vitale, delicatissimo e forte, quando la guardiamo ci comunica sentimenti di dolcezza, di trasparenza, di bellezza e di disponibilità estrema. Ebbene, tutto ciò è come avvertire quell’anima, quel valore, quella presenza.Vorrei anche dire che i bambini ci possono aiutare a riconsiderare le cose “animate”, così come lo stesso Hillman fa: L’idea del servizio come lo immagino deriva dall’ecologia del profondo.
L’ “ipotesi di Gaia” sostiene che il nostro mondo, il nostro pianeta, è un organismo unitario che respira.
Ed ancora Hillman: “In questo libro vedrete agire gli esseri umani ed altri tipi di soggetti che nella prosa che non sia quella dei bambini e della fantascienza non hanno diritto di esistere…”. Aggiungerei che è proprio dell’artista animare le cose, non meno del bambino. Egli dà anima alle figure, alle sue composizioni, ai suoi segni sulla carta e nello spazio che rispetta e tutela.
I suoi segni comunicano anche a chi non è artista. Ed anzi il suo lavoro è fatto per la salvazione del mondo e ciò non è azzardato sostenere.
Un artista americano diceva che mentre i politici lavorano alla distruzione del mondo, è l’artista a lavorare controcorrente per la sua salvazione. Ancora Hillman: “Le nostre emanazioni, le escrezioni, le emozioni – tutto ciò che noi umani produciamo – servono in un modo o nell’altro a quella complessità interdipendente che chiamiamo biosfera…
Come servitori in questo organismo siamo, inevitabilmente, coloro che forniscono e ricevono il servizio.
Un buon servizio sarà allora definito in rapporto a ciò che è stimato buono per l’anima del mondo ed un cattivo servizio a ciò che è trascurato e sfiduciato”.
Nel tempo intercorso dalla scrittura di questo libro in poi, le condizioni del nostro pianeta, per il cattivo servizio che stiamo fornendo, è notevolmente peggiorato al punto che moltissimi scienziati ne preconizzano la crisi totale entro una cinquantina di anni.
L’appello di Hillman e di quanti si adoperano perché noi tutti si possa aprire gli occhi diviene vieppiù urgente.
Quando le cose sono trattate come oggetti privi di vita, e quindi come oggetti morti, “allora esse manifestano una tossicità maggiore”.
Ciò che era partito come desiderabile amico al momento dell’uso, come rifiuto “comincia ad emettere cattive vibrazioni”.
“Solo se io lo considero animato e vitale, se lo tratto con cura, oltre a funzionare meglio sarà fonte di sentimenti, idee, strategie fertili, impensabili che miglioreranno il tenore della nostra vita arricchendola oltre misura. Ciò al pari delle opera d’arte verso le quali nessuno pensa di rendere trascuratezza”.
Certo, parlando dei residui, nessuno pensa che siano paragonabili alle opere d’arte, ma, guardandoli con gli occhi dell’artista, i cumuli di immondizia appariranno subito diversi e nell’animo di chi è abituato a trasformare il pesante in leggero, il disutile in utile, il neutro in bello nascerà una condizione di sfida alla sua creatività, l’inizio di un’avventura, ardua finché si vuole ma un’avventura. E l’avventura è il senso della vita.
Si è dovuto fare un percorso ellittico per comprendere meglio ciò che è il cuore del problema dell’acqua. È un assurdo voler privatizzare l’acqua, ciò non conviene neppure a chi ne trae grossi guadagni. Trasformare un bene, splendido e fortemente simbolico, in merce significa sancire, rafforzare, sostanziare il rendere questo bene senz’anima e quindi foriero di negatività ad ampio raggio. Allontanarsi da ogni sforzo di riconoscere un’anima all’acqua e quindi il suo valore di cultura, toglie ogni possibilità di gioia e riduce la forza dei tentativi di ricucire la lacerazione ecologica in atto. Quale sarà alla fine l’utile per chi opera la privatizzazione? Occorre invece che tutti si adoperino per la grande avventura della salvazione! Privatizzare, mercificare riduce e spegne ogni gesto necessario al senso del servizio.
Per esempio, un servizio di sgombero, di pulizia e di riapparecchiatura dei tavoli in un ristorante, se fatto con l’animo di chi ridà anima alle cose, diviene garbato, acconcio, giusto, corretto, civile. Ed ancor più si estende verso il “bello”, il “gratificante”, l’“esemplare”. Vale l’antica saggezza che fece dire: “Non importa l’importanza in sé di ciò che si fa; anche l’umilissimo spazzino se compie bene il suo lavoro suscita il plauso e l’ammirazione degli dei. E questa è la più grande gratificazione”.Anche Hillman cita e richiama la funzione dell’arte per comprendere e far comprendere il senso del discorso.
Cita Suzi Gablik, In the Reenchantment of Art (New York 1991), sul ruolo dell’arte in una società ecologicamente consapevole.Auspica una nuova poetica dell’arte quale azione “compassionevole” nei confronti delle cose.
L’arte al servizio del mondo.
Un’arte totalmente dedita alla vita ed all’ambiente”, una sorta di arte missionaria. Tale arte non può considerare l’acqua e qualsiasi altra cosa come merce: “Arte senza alcun compenso, per la quale non vi è altro motivo oltre l’azione”.
Ciò in realtà è assai più accessibile ed attuabile di quanto possa sembrare. È nelle cose proprie dell’atteggiamento dell’artista. (…)
Continua nel numero 6 di Nemeton, Tema: ACQUA
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