di Ilaria Rossi Doria
L’Associazione Liveinslums, con il coordinamento del Master in Pesaggi Straordinari di Milano, nell’ambito del progetto 2007 di ricerca per preservare il patrimonio di Al Qarafah, il cimitero monumentale musulmano del Cairo, ha organizzato un workshop multidisciplinare che ha visto la costruzione di microjardins. Il contesto, che vede la coabitazione di vivi e morti, tra monumenti di grande pregio, è unico nel suo genere, allo stesso tempo affascinante ma di difficile gestione, considerato il tabù che riveste la morte per la cultura contemporanea e l’appetibilità delle aree a ridosso del centro storico.
I microjardins sono vere e proprie strutture per coltivare senza terra, di dimensioni che non superano il metro quadrato, costruite a costi ridotti secondo una tecnica già sperimentata, tra gli altri, dalla FAO e dalla Facoltà di Agraria di Milano, per situazioni estreme dal punto di vista climatico ma anche sociale.
Il progetto pilota ha riguardato sei famiglie volontarie interessate ad avere un orto casalingo a basso costo per l’auto produzione e eventualmente un reddito complementare.
I microjardins, che possono essere istallati nei cortili o sui tetti delle case, hanno il vantaggio di ovviare al problema di un suolo sabbioso e infertile oltre che sacro, nel contesto di un cimitero, ed essere trasportabili.
Si possono fare due tipi di culture: su substrato inerte e in acqua (idroponia), entrambe richiedono di fornire il nutrimento alle piante con soluzioni fertilizzanti (azoto, fosforo, potassio, ferro, zinco, rame). La tecnica con il substrato permette di coltivare specie con radici più sviluppate che necessitano di maggiore stabilità (peperoni, melanzana, pomodoro, cetriolo, cavolo, fragola). Quella ad acqua si presta in caso di radici più leggere come l’insalata o la menta.
Ogni famiglia alla fine del progetto possiede un orto di circa 5 metri quadri (ca. 10 contenitori), corrispondente allo standard di sostegno minimo in questa parte del mondo e ha partecipato ad un processo creativo grazie a presenza di studenti e architetti che ha portato a reperire materiali e contenitori di recupero puntando a conciliare aspetti tecnici e creativi, con risultati molto interessanti. Nella prima fase del progetto l’Associazione fornisce il necessario per l’allestimento degli orti (substrato, materiale per contenitori, soluzioni fertilizzanti) e successivamente si prevede di avviare la produzione di compost organico che renderà le famiglie autosufficienti.
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